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" L'aria ai 4000 ha un sapore particolare, ma bisogna guadagnarsela...."
così scriveva il grande alpinista marsigliese Gaston Rebuffat.
Ed io ne sono pienamente convinto. Anche se negli ultimi 20 anni, le grandi
montagne alpine sono state snobbate, a favore di itinerari tecnicamente più
difficili, su pareti facilmente accessibili, i 4000 delle Alpi sono e resteranno
una frontiera mitica. Non sarà facile decretarne la fine, perché simbolizzano la
storia intera del rapporto uomo-montagna, il traguardo stupefacente di fortunate
generazioni.
Personalmente giudico la scalata delle grandi montagne alpine e per forza di
cose i quattromila, come la quintessenza dell'alpinismo, la salita delle creste
e delle pareti a quelle altezze ha qualcosa di magico e intrigante,
indubbiamente il muoversi diventa più faticoso, la respirazione affannosa, le
condizioni più severe, ma anche il sentimento della vittoria si fa più intenso,
tanto da renderne più facilmente superabili le difficoltà e accettabile
qualsiasi disagio.
Nell'estate 2000, salendo al Monte Bianco, lungo la via
Integrale della Cresta
di Peutarey, toccando la vetta dell' Aiguille Blanche e del Pilier D'Angle, ho
completato la collezione personale dei 4000 delle Alpi.
L' elenco ufficiale comprende 82 cime, con ottime probabilità sono il secondo
alpinista ed il primo professionista, a raggiungere tale obiettivo, il
primo alpinista è il sig. Luciano Ratto presidente e fondatore del "Club
dei 4000". Non a caso mi ritengo un buon conoscitore di tutti i 4000 delle
Alpi; versanti, creste, vie più interessanti, traversate e concatenamenti
sono da ormai molti anni la mia passione.
Ed è per questo che mi propongo in qualità di professionista e intenditore ad
accompagnarvi sulle vie più belle dei 4000 alpini.
(Pier Mattiel)
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Elenco ufficiale |
Scalate Scelte |
Club
dei 4000 |
"4000 metri: la quota
simbolo delle Alpi occidentali, una quota che esercita un tale fascino
da porre ingiustamente in secondo piano ogni rilievo minore. I primi
esploratori di queste montagne si lasciarono incantare solo in parte dal
livello di altitudine. L'ideale che li spronava era soprattutto un
romantico senso della natura: da una parte un insaziabile desiderio di
luce limpida e di vette interminabili e dall'altra l'incessante stimolo
proprio degli studiosi di geologia, glaciologia, geografia, botanica o
anche di storia, filosofia e letteratura. Queste componenti razionali ed
irrazionali si fondono, a mio parere, nel mondo dell'esplorazione
alpina, a cui si era spinti da impulsi differenti. Le Alpi occidentali
funsero da campo d'azione e da "laboratorio" per entrambe le categorie
di esploratori, sia per quelli animati da un implacabile desiderio
dell’ ignoto sia per quelli sollecitati da una tormentosa ricerca
dell'inesplorato. Alla fase delle esplorazioni fece seguito quella delle
ascensioni: fra il 1810 e il 1865 furono conquistati 42 "Quattromila".
A questo periodo risale la «golden age» degli inglesi che va dalla metà
del XIX secolo al 1865, anno della scalata del Cervino. Con la
conquista del Dente del Gigante, nel 1882, si conclude il "Periodo
argenteo" delle imprese felici.
Da allora molte cose sono cambiate. Le spedizioni alpine già da lungo
tempo non sono più prerogativa dei possidenti dell’Inghilterra
vittoriana, di guide d’élite, o di ricchissimi industriali ed
intellettuali, bensì possono essere compiute da chiunque. È invece
rimasta immutata la volontà di sottrarsi alle condizioni di vita degli
agglomerati urbani ed alle limitazioni della vita in società, così come
è rimasto invariato il desiderio di confrontarsi da vicino con le forze
elementari della natura. Del passato è sopravvissuto anche un certo
aspetto sportivo secondo l'esempio britannico del XIX secolo.
La natura dell'alpinista è stata definita già un secolo fa da Eugène
Rambert, professore di letteratura francese di Losanna, il quale
insegnava che l’alpinista è "in sostanza un uomo che ama l’avventura e
che considera la società moderna e il suo modo di vita come una
prigione". Non sempre tuttavia la montagna rappresenta un isola rispetto
al ritmo della vita nella moderna società industriale legata al mito del
progresso inarrestabile, anch' essa viene contaminata. E' di moda essere
in forma. Le vette vengono scalate una dietro l'altra spesso nel corso
di brevi escursioni, per poi tornare alla routine quotidiana in attesa
della successiva opportunità per aumentare il numero delle cime scalate
e cancellarle dalla lista. I primatisti mirano a compiere, nello stile
della competizione sportiva, imprese sensazionali e fruttuose. Sarebbe
tuttavia errato generalizzare. Tali tendenze si sono riscontrate solo
sul finire del XX secolo ed inoltre non in proporzioni notevoli, bensì
in maniera limitata."
Helmut Dumler da: “ il
Nuovo Quattromila delle Alpi” ed. Zanichelli 1990 |


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